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C’era una volta il calcio in carrozzina a Salerno: l’intervista a Michele Lasala, campione d’Italia con l’AIAS Olympia

Il portiere Alfredo Garofalo e lo spingitore Michele Lasala

Il portiere Alfredo Garofalo e lo spingitore Michele Lasala

Disabilità non significa inabilità, ma semplicemente adattabilità. Parafrasando questa massima, un gruppo di amici salernitani seppe dare visibilità ai diversamente abili, consentendo loro di praticare attività sportiva.

Da oggi ha inizio una nuova rubrica del nostro giornale: con cadenza settimanale, vi parleremo, infatti, del calcio in carrozzina.

La disciplina, nata in Francia a fine degli anni Settanta, diffusasi nel corso degli anni in Europa e in Nord America, ha avuto recentemente sviluppi così importanti in Italia da rendere ufficiale la nascita della nazionale italiana di Powerchair, altro nome del calcio in carrozzina.

Molto prima che questo sport acquisisse grande risalto a livello internazionale, specie attraverso le ultime edizioni delle Paralimpiadi, pioneristicamente Salerno rappresentò uno dei fulcri nazionali per questo movimento sportivo.

L’AIAS (Associazione Italiana Assistenza Spastici) di Salerno, grazie all’impegno, la passione e la dedizione di tante persone che sposarono con entusiasmo la nascita del nuovo progetto, riuscì ad allestire una squadra così ben organizzata da meritarsi il titolo addirittura di campione d’Italia con la compagine denominata Aias Olympia.

Il fisioterapista, dott. Michele Lasala (nella foto a sinistra con il portiere Alfredo Garofalo, ndr), ha inaugurato la serie di interviste ai protagonisti di quella squadra:

Ricordo con particolare emozione quel periodo. La fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta ha rappresentato un lasso temporale fecondo per lo sport campano, contraddistinto in A dagli scudetti vinti dal Napoli di Maradona e dal ritorno in B di una Salernitana che si apprestava a vivere, sotto la guida di Delio Rossi, ma non solo, tanti campionati importanti. Sull’onda dell’entusiasmo generale, un giorno io ed i miei colleghi leggemmo sul giornale che a Bologna vi era l’intenzione di allestire una squadra di calcio in carrozzina. Cogliemmo l’occasione al volo, permettendo a tanti ragazzi di fare sport.

Giocavamo le gare presso il pattinodromo comunale sul lungomare. Nel 1993, la fase finale del campionato italiano si tenne proprio a Salerno. Organizzammo la kermesse ed ospitammo oltre 200 partecipanti di squadre provenienti da ogni parte d’Italia, a testimonianza della grande diffusione che il calcio in carrozzina stava iniziando ad avere. In quella circostanza riuscimmo a vincere il titolo di campioni d’Italia.

Da sx a dx: Gianfranco Gargano (spingitore) e Antonio Pellegrino, Giovanni Barbarisi (spingitore) e Antonio D'Urso, Stefano Testa (spingitore) e Silvio Cammarota, Raimondo Crescenzo (portiere)

Da sx a dx: Gianfranco Gargano (spingitore) e Antonio Pellegrino, Giovanni Barbarisi (spingitore) e Antonio D’Urso, Stefano Testa (spingitore) e Silvio Cammarota, Raimondo Crescenzo (portiere)

Ci tengo a rimarcare la grande empatia che deve crearsi in questo sport. Il calcio in carrozzina si pratica in squadre da 4 (portiere compreso), con tre coppie di movimento, costituite dall’atleta disabile e dal cosiddetto “spingitore”. E’ naturale che il normodotato debba divenire un tutt’uno con il proprio collega di reparto, facendo sì che venga formata un’unica pedina del mosaico. Le regole sono a metà tra calcio e pallacanestro: nessuno può invadere l’area del portiere, solitamente posizionato in ginocchio o seduto, così come l’area di rigore non può essere occupata da più di un attaccante, giusto per citare un paio di regole.

Avemmo la fortuna di essere sponsorizzati dalla CRAS, la quale era all’epoca anche main sponsor della Salernitana. Infatti le magliette da noi adottate erano precisamente identiche a quelle indossate dai calciatori granata. Uno dei principali fautori e sostenitori del progetto concernente lo sviluppo del calcio in carrozzina è stato Alberto Massa, sociologo della nostra struttura, il quale, pur avendo la disfunzionalità degli arti superiori, evidenziò sin da subito doti fuori dal comune a tal punto da meritarsi il soprannome di “Maradona del calcio in carrozzina.

Io ero allenatore-spingitore e studiavo le tattiche migliori per consentirgli di esprimersi al massimo delle proprie potenzialità. Ricordo con particolare affetto un episodio particolare che vide protagonisti il sottoscritto ed il padre di Alberto, il compianto Giulio Massa, tra i dirigenti della squadra. L’anno successivo alla vittoria del titolo nazionale, andammo a Ragusa per difenderlo. Purtroppo le cose non andarono per il verso giusto e simpaticamente il padre di Alberto mi disse che mi ero giocato la riconferma in panchina! Questo aneddoto vi fa capire quanto le nostre gare fossero contraddistinte da un elevato tasso di agonismo. La diffusione del calcio in carrozzina si ebbe su così larga scala che si rese necessaria la creazione di una seconda squadra (AIAS Gabbiani, capace anche di classificarsi quarta a livello nazionale). Purtroppo, con il trascorrere del tempo, il progetto non è andato avanti, forse anche a causa del ricambio generazionale. Sono stati momenti davvero indelebili!”.

Giocatori in carrozzina: Alberto Massa, Antonio Pellegrino, Silvio Cammarota, Alfredo Garofalo (portiere), Raimondo Crescenzo (portiere), Juan Forte, Gerardo Basileo, Antonio D’Urso, Annamaria Vitale.

Spingitori: Stefano Testa, Michele Lasala, Giovanni Barbarisi, Peppe Roma, Anna Rizzo, Gianfranco Gargano, Roberto Ruggiero, Danilo Bassano, Roberto Fasolino, Guido Leuzzi.

Corrado Barbarisi

 

corradobarbarisi@hotmail.it

Ingegnere elettronico di primo livello. Giornalista pubblicista dal 26 novembre 2015