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UISP-FIT: SARA’ DAVIDE CONTRO GOLIA?

 

michelangelo-davidRiassunto delle puntate precedenti.
Angelo Binaghi, ininterrotto presidente FIT dall’avvio del terzo millennio grazie a statuti e regolamenti dal vago sapore centro-africano, nel corso degli ultimi dieci anni ha operato poderosi giri di vite su tutto il mondo tennistico nazionale utilizzando norme e codicilli “ad personam” col malcelato intento di ridurre questo sport ad una gestione centralistica e verticale da cui tutto e tutti devono dipendere.
Mentre altre associazioni del settore hanno subito piegato il capo di fronte ai dictat del sardagnuolo, regione che non a caso ha inventato il mandamento, la UISP opponeva ferrea e dignitosa resistenza in forza di numeri sempre crescenti anche per il dileguarsi di molti tennisti da un mondo non più rappresentativo del loro sentire, oltre che per il costante impegno nella formazione di qualità dei propri tecnici.
L’attivazione del Garante per la concorrenza, insieme con l’interrogazione parlamentare presentata da 20 senatori,  sembravano dunque gli atti conclusivi adeguati a dirimere l’assurda pretesa di esclusività da parte federale, e tutto lasciava presagire l’arrivo di una dichiarazione formale che temperasse i comportamenti  vessatori e borderline della FIT: raddoppio delle quote di adesione per circoli affiliati ad entrambi; sanzioni per maestri e istruttori beccati a giocare con bambini su campi “protetti”; smisurati aumenti delle quote per maestri e istruttori con doppio tesserino, eccetera eccetera.
La palese violazione di molte norme costituzionali da parte federale ai danni della UISP ha quindi spinto Malagò, presidente CONI, a forzare i tempi per un accordo ritenendo poco opportuno per Binaghi rischiare la graticola parlamentare, ed ha optato per una convocazione ad horas delle parti in causa, le quali il 16 marzo hanno sottoscritto una convenzione tra il presidente FIT ed il presidente UISP Vincenzo Manco, stante la grave quanto inspiegabile assenza di  Erasmo Palma in qualità di responsabile UISP Lega tennis, mai convocato anche se primo interessato alla questione.
Vero è che i presidenti di lega non hanno potere di rappresentanza, ma la mancata convocazione da parte di Manco a Palma somiglia, per citare il post di un amico trovato sui social in questi giorni, a quei matrimoni di stampo medievale dove i genitori promettono in sposa la figlia “al buio” e in dote anche lo jus primae noctis.
Per l’analisi dei fatti conviene però partire dalle carte, in primis dalla Costituzione Italiana e in subordine dalla sottoscritta convenzione.
La Costituzione Italiana del 1948 non annovera alcun articolo specifico sull’attività sportiva in generale, avendo consapevolmente rinunciato a qualsiasi forma di strumentalizzazione dello sport e ispirandosi piuttosto ai due valori fondamentali della libertà e della dignità umana.
La garanzia di libertà del fenomeno sportivo promana indirettamente da alcuni articoli, e in particolare da: art.3 è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona   umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese; art.4: la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società; art. 18: i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale; art. 32: la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività; art. 33: l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato; art.35: la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori.
In questi sei articoli troviamo rispettivamente: la rimozione degli ostacoli di natura economica alla libertà ed uguaglianza degli sportivi, come le doppie imposizioni (art. 3); la possibilità di scegliere il proprio lavoro, come e dove svolgerlo per tutti gli istruttori e maestri, quindi in tutte le strutture sportive (art.4); la libertà di associarsi ai fini sportivi, senza vincoli o discriminazioni (art.18); il diritto allo sport come tutela per la salute (art. 32); la libertà di insegnamento (art.33); la libertà di lavoro e di formazione (art.35).

Dunque nessun dubbio sulla illiceità del comportamento FIT ai danni UISP, e questa è certamente la ragione di tanta fretta nel firmare un accordo già respinto dalla UISP Lega Tennis illo tempore ed ampiamente dichiarato irricevibile da Erasmo Palma e dal Consiglio Nazionale.

Prima di addentrarci nei dettagli dell’accordo-capestro è forse opportuno sottolineare che se un errore può esservi stato da parte dei dirigenti della UISP Tennis è stato quello di illudersi di vivere in un paese “normale”, dove i diritti dei più deboli sono maggiormente tutelati e quelli del più forte temperati, il tutto a vantaggio della comunità sportiva, abitata soprattutto da quei bambini e ragazzi che sono i cittadini del domani. Ma si è trattato, per l’appunto, di un’illusione.
Arriviamo così alla convenzione stipulata il 18 marzo 2016 partendo da una delle pochissime note positive, l’articolo 6: «La durata della convenzione è fissata dalla data della sua sottoscrizione fino al 30 marzo 2017 e si intende tacitamente rinnovata di anno in anno se non disdetta da una delle parti con lettera racc. AR da inviarsi almeno tre mesi prima della scadenza». Tralascio ogni commento sulla “data di scadenza”, solitamente usata per mozzarelle, scatole di pomodoro, yogurt e in generale tutti i prodotti di supermercato. Dunque “il termine” è tre mesi prima del 30 marzo 2017: ciò significa che entro il 30 dicembre 2016, ma il 30 novembre è meglio, la UISP deve assolutamente spedire l’immediata disdetta unilaterale di questo accordo-capestro. L’invito è rivolto a tutti gli associati di tutte le leghe affinché facciano pressione “seria” su Vincenzo Manco per l’invio della raccomandata alla FIT entro il 30 novembre 2016: “uno per tutti, tutti per uno” deve essere lo spirito da ritrovare che unisce e muove questo ente di promozione sportiva fin dal suo primo anno di fondazione, nel 1948, dopo le macerie della guerra, e questo è senza dubbio il momento giusto per riaffermarlo con forza.
Quanto al resto della convenzione, si parte in premessa dal D. Lgs n.242/1999 ove si sottolinea che la UISP non è organo del CONI ma solo “riconosciuta” dal questo in forza del DPR n.530/1974; la formazione e l’aggiornamento dei quadri tecnici e dirigenziali spetta allo stesso CONI, alle federazioni e alle discipline sportive associate ma non alla UISP; è stato elaborato il Piano nazionale di formazione dei quadri e degli operatori sportivi dove la UISP è esclusa; la formazione di quadri tecnici, educatori ed operatori sportivi UISP vale unicamente in ambito UISP.
Sin qui la premessa.
Proseguendo nella lettura, all’articolo 1 campeggia l’atroce vocabolo “amnistia” concessa dalla FIT a tesserati e affiliati UISP; l’amnistia (dal greco ἀμνηστία, “dimenticanza”) consiste nella rinuncia, da parte dello Stato, a perseguire determinati reati. Dunque la FIT si pone come ente supremo che ai fini pacificatori rinuncia a perseguire un reato. Dì quale reato stiamo parlando? Ma di quello di “lesa maestà” ovviamente, perché soltanto il Re può concedere la libertà dello sport, d’insegnamento, di lavoro. La UISP ha osato ledere il diritto divino esclusivo della federazione nel concedere la libertà di giocare a tennis in Italia. Per questo gravissimo oltraggio, dopo averla amnistiata per dimostrare ai sudditi magnanimità e grandezza, il Re commina alla UISP una punizione esemplare: potranno giocare soltanto i MAI classificati previa comunicazione ai luogotenenti di regione. Inoltre, nell’articolo 3  esclude ogni possibilità d’integrazione poichè la FIT riconosce soltanto i propri maestri e istruttori sulla base del succitato Piano formulato dal CONI: gli “insegnanti qualunque” potranno educare, ma rinchiusi nel proprio ghetto.
Dunque, la UISP Tennis, con i suoi 30 mila associati e gli oltre 300 tecnici tra istruttori e maestri, sulla base di questa convenzione rappresenta solo se stessa; è un mondo “autoreferenziale” e questa carta firmata dal presidente Manco – lo ripeto – senza la presenza di Erasmo Palma in qualità di responsabile nazionale della UISP lega Tennis,  stride con i principi di inclusività, di libertà, di scelta e va molto a braccetto invece con esclusività, discriminazione, muri di recinzione.
A mio modesto avviso occorre, oltre all’auspicabile disdetta della convenzione entro il 30 novembre 2016, una riflessione seria e approfondita sul ruolo che la UISP Tennis vuole avere in Italia, anche nei confronti dello stesso CONI. Dovrebbe – sempre a mio parere – propugnare una visione del mondo radicalmente opposta al sistema verticistico medievale che succhia risorse ai sudditi per mantenere in vita un ancien régime, il quale senza alcuna vergogna da 40 anni non porta un giocatore italiano a vincere uno slam. In un paese normale li avrebbero cacciati tutti a calci nel sedere, da noi vengono rieletti. Occorre un nuovo rinascimento sportivo, una Wittemberg protestante, una metaforica presa della Bastiglia, una vera e propria rivoluzione culturale non più rinviabile se tra le corde delle racchette UISP batte ancora forte la voglia di tennis; una voglia il cui testimonial non può che essere il David di Michelangelo, l’opera artistica per eccellenza, che nel suo intenso e profondo sguardo racchiude tutto intero lo spirito di chi sta per affrontare (e battere) Golia.

adrianopignataro@libero.it