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Árpád Weisz, la storia di un tecnico deportato

“Fatto sta che di Weisz, a sessant’anni dalla morte, si era perduta ogni traccia. Eppure aveva vinto più di tutti nella sua epoca, un’epoca gloriosa del pallone, aveva conquistato scudetti e coppe. Ben più di tecnici tanto acclamati oggi”. È così descritto da Matteo Marani, giornalista ed autore del libro “Dallo scudetto ad Auschwitz”, il personaggio di Árpád Weisz. Storico e grande allenatore degli anni trenta dello scorso secolo, ha vinto due scudetti con l’Ambrosiana (squadra che ora è denominata internazionale Milano ndr) e uno con il Bologna. Dopo essere stato notato da calciatore da alcuni osservatori del Padova durante una partita della nazionale ungherese contro l’Italia, dopo sei presenze e un gol con i veneti viene ingaggiato dall’Ambrosiana. Nonostante il grande talento espresso in nerazzurro, per colpa di un grave infortunio abbandona il calcio giocato e si trasferisce in Uruguay dove affina notevolmente le sue grandi conoscenze calcistiche. Grazie al grande lavoro del giornalista bolognese Matteo Marani dopo circa 70 anni di anonimato totale possiamo raccontare, tramandare e celebrare questo grande allenatore che ha dato una enorme svolta tattica al calcio come lo conosciamo oggi. Árpád aveva delle braccia possenti, e tale dote è stata sfruttata fino allo svenimento dai nazisti nel campo di concentramento di Auschwitz. È deceduto stremato nell’orrore generale della guerra il 31 gennaio del 1944, e oggi come non mai non dobbiamo dimenticare.

Foto: Wikipedia

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