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Dalla Costituzione alle FAQ: un nuovo diritto per il tennis?

Il mondo del tennis più che in fermento si trova in un vero e proprio subbuglio, quella condizione di ebollizione che al contrario del fermento, ove si giunge a un nuovo ordine molecolare, porta invece ad un cambio di stato, dal liquido al gassoso, determinato dal profluvio di atti amministrativi del governo, di regioni, comuni, quartieri e perfino di assemblee condominiali prodotti come i gas intestinali dopo ogni cena un po’ pesante.

L’ultimo sfiato governativo è stato talmente rumoroso che i dormienti si sono svegliati e sono scesi in piazza a protestare, insieme al mondo di altri sport, anche loro turbati dal fetido rumore emesso dal DPCM del 25 ottobre. Cosa è accaduto?

Semplicemente che non ostante le ottemperanze regolarmente aderite ai precetti quo ante, con tutti gli oneri di spesa a proprio carico, le strutture sportive e le associazioni si sono sentite prese in giro e non più intenzionate a sentire la puzza sotto il naso. Era ora, aggiungiamo noi.

E il tennis? La disciplina che più di altre sembrava garantire la sicurezza dei protocolli si è spaccata, scissa, divisa di fronte alla solita parolina che tutto cambia: aperto si, chiuso no. È consentito lo svolgimento della pratica tennistica in strutture all’aperto e non in quelle chiuse da palloni pressostatici o tensostrutture.

Di fronte a tanta sapienza il primo commento social è stato fulminante: “Si vede che ste stronzate le scrivono a Roma e non a Rovigo, qui fa buio alle quattro e abbiamo quasi già la neve”.

Effettivamente la distinzione lascia basiti: i pressostatici hanno un volume d’aria riciclata distribuita su 650 metri quadri per 20 metri d’altezza (fate voi il calcolo) spinta da motori che buttano dentro circa tremila metri cubi/ora di aria fresca. Piccola parentesi: rispondiamo subito ai genitori del bambino cresciuto con latte al plutonio (il governatore De Luca docet) che vuole non solo andare a scuola ma ha anche tanta voglia di giocare a tennis e non capisce perché non può farlo: “Ma tutta quest’aria dove finisce se il pallone è chiuso?”. Risposta: “Anche il pallone pressostatico, come il governo, sfiata in continuazione, altrimenti sarebbe una mongolfiera”. Chiusa parentesi.

Con le tendo strutture va ancora meglio: le aperture laterali garantiscono oltre ogni ragionevole dubbio la garanzia di aderenza ai protocolli di sicurezza. Eppure …  eppure non è possibile giocare al chiuso, dice il governo, tranne per quegli atleti che intendono allenarsi al fine di partecipare ad eventi e/o competizioni di interesse nazionale.

A questo punto scatta la diabolica fusione tra arte di arrangiarsi e italica furbizia con ulteriore profluvio di pseudo atti, misti a consigli della nonna, provenienti nientepopodimeno che dalla Federazione Italiana Tennis, in un documento ufficiale chiamato FAQ, la cui pronunzia in lingua inglese evitiamo di tradurre per un minimo di decenza che ancora è rimasta.

Ebbene, nelle FAQ la federazione di competenza (tennis) introduce una distinzione che non esiste in ambito giuridico, quella tra agonisti e non agonisti; infatti il DPCM non ne parla, attenendosi unicamente a ciò che è scritto nei codici, ossia la distinzione tra professionisti e dilettanti.

Cosa asserisce dunque – subdolamente – la federazione tennis con le sue FAQ: se ti fai la tessera agonistica puoi tranquillamente allenarti al chiuso, perché anche se hai classifica 4.6 potresti voler partecipare ad un torneo “open” (senza limitazioni di classifica) che si svolge a febbraio 2021 … che ne so … a Cuneo, giusto per citare Totò e il suo famoso servizio militare.

È iniziata così la corsa al tesseramento, all’aggiramento (FAQ) di un aggiramento (DPCM) che aggira le norme (LEGGI) che aggirano la Costituzione Italiana.

Fuori da questo vortice di aggiramenti restano gli enti di promozione sportiva, che in qualità di “promotori” dello sport di base non contemplano nei loro statuti gli atleti agonisti.

Verrebbe da dire: chest’è, ma così non è.

Perché a pagarne il prezzo più alto sono, come al solito nelle guerre, gli innocenti, i bambini e i ragazzi, devastati da distanziamenti sociali, mascherine, didattiche a distanza e gel cinesi che bruciano le mani, quelle stesse mani che più volte al giorno alzano impotenti di fronte a un termo-scanner, sempre di fattura cinese, da cui dipende la loro “nuova” vita. Questa generazione di ragazzi, e sicuramente anche la prossima, ci giudicherà senza appello in una Norimberga 2.0 per il bruttissimo mondo che noi adulti stiamo costruendo intorno a loro.

Cosa verrà fuori da tutto questo subbuglio? Niente sport e niente scuola tennis per i più piccoli, costretti sul divano a guardare tristemente in televisione “i professionisti” miliardari che si divertono in campo.

Un mondo senza diritto né rovescio ma alla rovescia, questo si, dove i genitori non sanno rispondere alla domanda “perché non possiamo giocare a tennis?” e cercano disperatamente risposte nelle FAQ per i loro quesiti esistenziali.

adrianopignataro@libero.it