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“La pallavolo dietro le quinte”: intervista ad Irene Pierro (parte 1)

“Il bello dello sport” si prefigge di soffermarsi anche e soprattutto sugli altri sport, spesso e volentieri fagocitati dall’interesse verso il calcio. A tal proposito, la nostra testata he pensato di riproporre la rubrica “Dietro le quinte”, intervistando Irene Pierro, 23enne pallavolista salernitana. Di seguito la prima puntata della lunga ed interessante conversazione.

Come è nata in te la passione per la pallavolo?

“Avevo 8 anni e uno dei miei cartoni animati preferiti era ‘Mila e Shiro’. In più, le mie due amichette del cuore di allora praticavano pallavolo al CS Pastena Volley e non facevano altro che ripetermi quanto fosse divertente. Fortunatamente, mi sono lasciata coinvolgere ed in effetti era davvero divertente! Me ne sono innamorata e da allora non ho più smesso”.

In che ruolo giochi e quali sono i compiti specifici a cui sei demandata?

La centrale Irene Pierro esegue un primo tempo vincente

“Sono una centrale. Chi riveste questo ruolo gioca principalmente in prima linea in quanto, terminato il turno di battuta, viene sostituito dal libero (non obbligatoriamente): la difesa da parte del centrale, quindi, avviene maggiormente a muro. Il centrale gioca spesso con l’alzatore, con il quale deve esserci grande intesa, le seguenti azioni: ‘primo tempo’, ‘la’, ‘la 7’, ‘la B’ e ‘la fast’. La mia preferita è proprio quest’ultima perché riesce a spiazzare il muro avversario. In generale, le caratteristiche del centrale sono l’altezza (che io non ho e ride, ndr), l’elevazione, la rapidità negli spostamenti. Inoltre, è necessaria molta concentrazione per riuscire a leggere in anticipo la scelta di gioco degli avversari”.

Riepilogheresti, a beneficio dei nostri lettori, il tuo curriculuum sportivo?

“Avendo iniziato da piccolina, il mio percorso è partito dal minivolley per poi passare ai campionati giovanili, che ho terminato, come di consueto, una volta compiuti i 18 anni. A circa 14 anni, non ricordo di preciso, ho fatto il mio esordio in prima squadra, che all’epoca gareggiava in serie D. Fu un’emozione unica mista a paura, un momento che ogni piccolo atleta non vede l’ora che arrivi. Nel 2015 siamo salite in serie C, ma l’anno successivo ho deciso di non giocare nella categoria appena conquistata perché stavo attraversando un periodo difficile: sapevo che non sarei riuscita a dare il massimo in un campionato di livello. Ho, quindi, preso parte al campionato di prima divisione, durante il quale la mia confidenza con il campo è decisamente migliorata e ho dato una mano alle piccoline che sperimentavano per la prima volta una situazione diversa da quella dei campionati giovanili, come trovare, ad esempio, avversari di qualunque età ed esperienza. Per i successivi due anni sono tornata in serie C, con una consapevolezza diversa e voglia di riscatto”.

In quale squadra giocherai quest’anno?

“Anche quest’anno il Cs Pastena sarà la mia seconda casa. Gioco da quindici anni in questa società, la stessa in cui sono nata. Ormai siamo diventati tutti una grande famiglia, nonostante le piccole incomprensioni, le stesse che possono esserci anche in una famiglia vera e propria. Affronteremo il campionato di serie D, dopo la retrocessione dello scorso anno. Dal presidente all’atleta più piccolina, abbiamo tutti una gran voglia di rialzarci e ripartire col piede giusto. Io sono molto fiduciosa e positiva: credo che si stia creando un bel gruppo e tutto lo staff ci segue minuziosamente. Ci sono tutti i presupposti per fare qualcosa di buono”.

Quali obiettivi hai a livello personale ed avete a livello collettivo?

“Il mio obiettivo personale coincide con quello collettivo: crescere. Da sempre, mentre percorro la strada per arrivare in palestra, dico fra me e me ‘ogni giorno è quello giusto per migliorare’. Sono consapevole dei miei limiti fisici e so anche che posso sopperire lavorando bene su altri aspetti. Credo fermamente che non si smetta mai di imparare, non c’è un’età per questo. Sono sicura che riuscirò a prendere qualcosa di buono da ogni componente della mia squadra, anche dalla più piccolina. Chi lo ha deciso che sono solo i piccoli a imparare dai grandi? In più, spero di riuscire a essere un buon punto di riferimento, una compagna di cui fidarsi e alla quale appoggiarsi in qualunque momento se ne abbia bisogno, ma so che questo dipenderà soprattutto da me. In generale, la cosa più importante per quest’anno è quindi crescere insieme, lavorare bene insieme, divertirsi insieme e avere cura l’una dell’altra. Poi se arriverà anche una promozione, saremo felici di festeggiare insieme a tutti coloro che avranno condiviso con noi questo percorso”.

Riscontri disparità di trattamento tra donne e uomini?

“Nella mia società non esistono disparità di trattamento tra uomini e donne. Ci sono più gruppi femminili, ma per il semplice fatto che i ragazzini preferiscono accostarsi ad altri sport, come il calcio e il basket, piuttosto che alla pallavolo. In generale, nel mondo della pallavolo italiana è assurdo pensare che le donne, campionesse comprese, non siano riconosciute come professioniste, bensì dilettanti”.

Le foto sono state pubblicate con il placet dell’intervistata.

corradobarbarisi@hotmail.it

Ingegnere elettronico di primo livello. Giornalista pubblicista dal 26 novembre 2015