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L’abbandono precoce nel calcio giovanile: quali sono le cause?

Riceviamo e pubblichiamo un lungo commento, postato su Facebook, da Massimiliano Osman, allenatore di squadre giovanili. Una riflessione approfondita sull’abbandono precoce nello sport  giovanile e sulle sue possibili cause. Il dibattito è aperto!

“Non è vero che a calcio possono giocare tutti!!!! Partiamo da questa frase, per spulciare tutta una serie di dati e fatti, per analizzare meglio quello che riteniamo come una piaga dello sport giovanile, in questo caso del calcio..cioè l’abbandono giovanile precoce.
Il calcio, essendo uno sport popolare, se non il più popolare al mondo, è praticato al contrario di molti altri, sotto ogni tipo di clima, di terreno e di strutture più o meno adeguate. A volte 4 pietre che fungono da pali e dei limiti semi immaginari danno la parvenza di un campo di calcio…e di li a poco insieme ad una palla può iniziare una partita. Questo è anche uno tra gli sport più completi, in quanto richiede abilità personali come quelle tecniche e coordinative, e oggi ancor più abilità cognitive e atletiche e negli ultimi 30 anni, grazie alle scuole calcio e al loro diffondersi e sorgere come funghi in ogni campetto di quartiere, si è ampliata la possibilità di avviamento al gioco del calcio sin dalla tenera età di 5 anni. Questa “industrializzazione” delle scuole calcio, questo diffondersi a macchia d’olio senza un controllo adeguato, ha fatto si che quantità e qualità non camminassero allo stesso passo.
Quindi scuole calcio con pochi o tanti bambini che, non avendo più spazi liberi e sicuri in città dove poter esprimere il loro gioco, divertirsi, fare esperienze motorie, si ritrovano così in un campetto di calcetto con un bel terreno di verde sintetico, dove imparare il gioco del calcio. Le scuole calcio di per se, sono una forma molto democratica di sport, perché fin quando i più giocavano solo per strada, chi giocava erano solo i più bravi, i più forti e perché no, anche chi portava il pallone, ma quello è un altro spaccato di società; invece nelle scuole calcio tutti hanno diritto di giocare, di essere allenati da mister che attenzioneranno il percorso psico-motorio del bimbo/ragazzo, di crescere facendo sport che si sà..è palestra di vita!
Fin qui tutto bello…più campi, più bambini che giocano, più sport!!
E allora dov’è il problema?
Perchè si parla di abbandono precoce?
Da cosa nasce e/o da quali parametri si deduce che esiste l’abbandono precoce o giovanile nel gioco del calcio?
Nasce dall’ ILLUSIONE!
Illusione non intesa come “falsa speranza” ma come “distorsione della percezione nel rapporto fra se e gli altri”.
Il calcio si può ritenere la cartina tornasole della società civica, con tutto quello che racchiude dalla A alla Z, non basta seguire Master-chef per diventare bravi cuochi, non basta partecipare ad un talent-show per ritenersi un talento, non basta colpire un pallone sotto le direttive di un allenatore, sotto le urla di genitori invasati dietro la rete, non basta pagare una retta mensile per dire…io farò il calciatore.
Questo è fondamentale…e che mister/bimbi/ragazzi e genitori lo tengano ben presente.
A questo punto spulciamo qualche numero: da fonti figc, nell’anno 2009/10 le società professionistiche erano 132, quelle dilettantistiche 11642, quelle del sgs 2916, le squadre invece sono state 484 professioniste, 17257 per i dilettanti e 52267 per il s.g.s, mentre i numeri relativi ai giocatori tesserati sono stati 3517 professionisti, 475000 per i dilettanti e 610510 per il settore giovanile scolastico. Andando all’interno delle scuole calcio,7204 , i tesserati sono circa 830.000 cosi divisi : 11% primi calci(5-8 anni), 24% pulcini (8-10 anni), 18% esordienti (10-12 anni), 16% giovanissimi(12-14 anni), 14% giovanissimi (14-16 anni) 17% juniores/primavera/berretti (16-19anni). Se quindi analizziamo e confrontiamo questi dati , è palese intuire l’ampia forbice tra chi inizia un percorso calcistico e chi arriva a giocare tra i professionisti.
Torniamo alla domanda:
da cosa nasce l’abbandono precoce? Possiamo attribuirlo a questi numeri impietosi?
Sarebbe fin troppo facile, perché su circa 1 milione di ragazzi che giocano a calcio solo circa 3000 riusciranno a coronare il sogno di essere un giocatore professionista, giocare in serie A o B, guadagnare tanti soldi, poter vestire la maglia della nazionale, apparire in tv, nell’album delle figurine per i più nostalgici etc etc.
Veramente troppo facile se non troppo comodo. Invece le cause dell’abbandono giovanile sono molteplici.
Partiamo in primis della vita quotidiana e ciò che ci riserva e ci chiede…esaltazione dell’IO, apparire forti e ricchi,possidenti,famosi e…questo il calcio ad alti livelli lo dà, quindi il calcio puó essere il miglior mezzo per arrivare ad avere ciò che la società impone. Questa aspirazione spesso è fomentata dai genitori del ragazzo che, inquinano il percorso formativo, interferendo con le scuole calcio/società sportive, con i mister/educatori/istruttori e soprattutto con i figli stessi. Il calcio a questo punto non è vissuto più come uno sport con i suoi valori, sacrifici, impegni, rispetto, ambizioni, delusioni, sconfitte, scontri, vittorie miglioramenti, ma solo come un mezzo per “avere” e quindi ahinoi.. “essere”!! I genitori tendono a far bruciare tappe ai loro figli, non accettano sconfitte, che per loro è anche vedere il proprio figlio due volte di seguito in panchina, non accettano un ruolo che loro hanno deciso esser diverso da quello assegnato dal mister. Sui genitori si potrebbe scrivere in lungo ed in largo, perchè ogni allenatore avrebbe di sicuro almeno da 5 a 10 episodi comici, allucinanti ed indicibili da raccontare, perché bisogna dare atto che se è vero che “ogni scarrafone è bello a mamm soje” ogni genitore è giusto che ritenga il proprio figlio un fenomeno!
Un altro aspetto importante da tenere in considerazione è la FORMAZIONE!! Ma non quella da schierare per la partita, ma quella di chi deve insegnare, cioè istruttori/educatori/allenatori, perché per ogni categoria dai primi calci alla juniores, il mister deve avere conoscenze e competenze tali da curare ciò che quel gruppo richiede.
Un errore marchiano che si è fatto negli anni in tantissime scuole calcio, è stato quello di affidare i gruppi dei più piccoli, cioè primi calci e pulcini a mister appena introdotti nel campo dell’insegnamento, o che avessero un passato calcistico di rilevanza, confondendo il “saper fare con il saper far fare”!
Di qui ,oltre alla nascita smisurata di tante scuole calcio, anche il propagarsi di tutta una serie di mister, armati di fischietto e tuta ma, sprovvisti di conoscenze pedagogiche, fisiologiche, comunicative per potersi approcciare con bimbi da 5 anni in su.
In tutte questo la tv, ma soprattutto il web ha dato possibilità a molti di venire a conoscenza, di scoprire e approfondire, mentre per altri purtroppo vale il discorso di master-chef di cui si accennava prima.
Sapere quale è l’età sensibile per far fare alcune attività/esercitazioni/giochi invece che altri è fondamentale per un percorso formativo rispettoso della crescita di ogni individuo. Avere conoscenze di comunicazione, dà la possibilità di dire nel modo corretto, preciso, stimolante ciò che si vuol trasmettere, per evitare che i suoni da noi emessi restino afoni per le orecchie dei ragazzi.
Beh, a questo punto si può dire che una risposta esaustiva alla domanda del perché “dell’abbandono precoce” già l’abbiamo!
Numeri impietosi, genitori aspiranti genitori di calciatori, istruttori poco qualificati mischiati a mister invece qualificati/competenti sembrano esser un bel cocktail, ma che da solo non basta per esser motivo dell’abbandono precoce. C’è un altro elemento fondamentale…. I CAMPIONATI!! Coosa?…. vi starete chiedendo. Si avete letto bene i CAMPIONATI!
Mi riferisco a tutti quei campionati dilettantistici,dove la errata formula dà pochissimo spazio ai giovani, annullando e/o riducendo al minimo la competizione tra loro stessi, riservando una piccola fetta solo per i migliori.
E tutti gli altri giovani che fanno? Semplice..ABBANDONANO!!!
Perché se è pur vero che, del circa 1 milione di ragazzi che praticano il calcio, solo una goccia di loro arriverà tra i professionisti, c’è tutta una fetta non indifferente di calcio dilettantistico che racchiude circa 500.000 tesserati che potrebbe dar più spazio a chi comunque è riuscito a districarsi e sopravvivere nei settori giovanili, non escludendo così la possibilità di avere anche più giovani nelle massime serie.
Ora si che il “cocktail abbandono” sembra esser completo. Per fasce d’età, per categorie, ognuna di loro ha un ingrediente responsabile.
Quindi se è vero che il calcio non è per tutti, è anche vero che è giusto rivedere il calcio giovanile, reinquadrandolo di nuovo come uno sport e non un mezzo per la “gloria”, dando la corretta formazione psico-motoria, la giusta mentalità, le attenzioni dovute e lo spazio che i giovani meritano per la continuazione di uno sport che, altrimenti resterebbe solamente un sogno infranto!”

fonte foto: profilo FB di Massimiliano Osman

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