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Géza Kertész, lo Schindler del calcio. La storia

Géza Kertész è stato definito lo  Schindler del calcio. La sua storia viene raccontata da Claudio Colombo, direttore de “Il Cittadino” di Monza Brianza, in un libro dal titolo “Niente è stato vano” edizioni Meravigli. Il libro sarà presentato il 30 Aprile, alle ore 21, presso l’Oratorio San Martino di Bareggio, via Novara 27, per festeggiare i 70 anni della fondazione della USOB ASD.
Géza Kertész è un calciatore ungherese e, a fine carriera, a metà degli anni Venti, decide di trasferirsi con la famiglia in Italia per inseguire il sogno di diventare trainer.
Gioca una stagione con lo Spezia (1925-1926) avendo il doppio ruolo, calciatore e allenatore, per poi girare lo stivale in lungo e in largo.
Dopo Spezia allenerà la Carrarese, Salernitana (dal 1929 al 1931 e poi ritorna nel 1940-1941), Catanzaro, Catania (1933-1936 e 1941-1942), Taranto, Atalanta, Lazio e Roma.
Praticamente, Kertész allenerà nel nostro Paese per quasi vent’anni, da nord a sud, in tutte le categorie compresa la serie A, attraversando le fasi di crescita di un fenomeno sportivo sempre più vicino alle masse, e come tale presto inghiottito dalla macchina propagandistica del regime fascista. Nel 1943, quando la guerra è nella sua fase più acuta, rientra in Ungheria, dove trova una realtà profondamente cambiata. Lui stesso, più maturo e convinto dell’ingiustizia che si sta propagando in Europa, si accorge di essere cambiato. L’invasione tedesca dell’Ungheria e la spaventosa caccia all’ebreo scatenata da Hitler lo spingono a una decisione rischiosa: l’adesione a una cellula clandestina di resistenti. Una scelta alta e profondamente umana che, nel nome di un ideale di libertà e di uguaglianza, lo porterà al sacrificio della sua stessa vita.
Fu arrestato nel dicembre 1944, dopo che un delatore aveva riferito alla Gestapo che questi nascondeva un ebreo in casa, e morì fucilato insieme all’amico Tóth qualche giorno prima della liberazione della capitale ungherese, precisamente il 6 febbraio 1945. La fucilazione avvenne nell’atrio del Palazzo Reale di Buda. Al suo funerale parteciparono migliaia di persone. Gli venne riconosciuto il titolo di «martire della patria» ed è seppellito nel cimitero degli eroi di Budapest sin dall’aprile 1946.

Foto Fonte Il Foglio

alfonso.pierro@libero.it

“A volte un vincitore è semplicemente un sognatore che non ha mai mollato” 
(Nelson Mandela).