Home / APPROFONDIMENTI  / Attilio Tisi, dai campi polverosi al Sassuolo. Una storia di passione ostinata

Attilio Tisi, dai campi polverosi al Sassuolo. Una storia di passione ostinata

Campi polverosi. Vite spensierate. Un gruppo di amici e di compagni di squadra. Nessuno pensa al futuro ma a divertirsi correndo dietro ad un pallone.
Tra i 18 giovanotti di belle speranze emergeva un portiere che già a 15 anni curava, da solo, l’aspetto fisico e tecnico. Aveva nel DNA qualcosa in più rispetto agli altri compagni di squadra. Pesi alle cavigli ed esercizi mai visti sui quei campi di provincia: “Era necessario potenziare il mio slancio perchè l’altezza non mi aiutava di certo. Allora utilizzavo tutte le tecniche possibili per sopperire a questa carenza”.
E’Attilio Tisi, preparatore dei portieri del Sassuolo: “Curo diverse squadre giovanili sia maschili che femminili”.
Una storia fatta di sacrifici e di privazioni: “Ricordo che a 15 anni lavoravo e non sempre il mio datore di lavoro mi lasciava andare a giocare. Allora succedeva che nelle gare importanti alcuni dirigenti e alcuni miei compagni venivano nella bottega dove lavoravo cercando di ammorbidire la posizione del mio datore di lavoro”.
Era brutto rinunciare ad una gara di campionato: “Con quella squadra abbiamo vinto quello che ai tempi potevamo vincere, ma eravamo un gruppo unito e speravamo che qualcuno di noi potesse fare di questo gioco una professione. Senza invidie e senza avere pressioni”.
A 16 anni giocava nella formazione Allievi e in Seconda Categoria, più o meno con gli stessi ragazzi, con pochi rinforzi. La domenica in campo e poi il lunedì, permessi di lavoro permettendo.

La passione lo porta un pò in giro. Ovunque ci fosse un pallone e una maglia da indossare lui era pronto con i suoi guanti a difendere la porta. La sua amica della domenica. Ma il suo DNA, quando smise di giocare, lo aiuta molto: “I metodi di preparazione che usavo e che cercavo di utilizzare per me mi sono serviti quando mi sono messo ad aiutare i ragazzini a crescere ed imparare il mestiere di portiere”.
Poi, il fato, le casualità.
I treni passano all’improvviso e tu sei pronto ad aspettarlo con un biglietto già obliterato da tempo.
Sali: “Avevo fatto il corso di preparatore e mi ero abilitato. Dopo alcuni anni, però non avevo voluto rinnovare la tessera. Continuavo ad allenare senza. La mia passione era tale che lo avrei fatto anche senza percepire un centesimo”.
Si trasferisce nella zona di Sassuolo perchè la moglie trova lavoro da quelle parti: “Trovo una squadra che mi permette di allenare i portieri. In due o tre anni riesco a far “selezionare” dal Sassuolo tre o quattro ragazzini. Qualcuno nota questa cosa. Mi manda a chiamare. Ed eccomi quà!”
La famiglia del Sassuolo comprende, tra il settore giovanile e la squadra si serie A circa 900 persone: “Ma soprattutto il Sassuolo spende oltre 1 milione di euro per il settore femminile. E i risultati si vedono”.
Ora il suo sogno, o meglio, una parte del suo sogno si è avverato: “Ora ho un contratto da professionista e cerco di far crescere al meglio e valorizzare al massimo quella che è la storia della scuola dei portieri italiana”.
L’altra parte del sogno… è troppo presto per raccontarla.

alfonso.pierro@libero.it

“A volte un vincitore è semplicemente un sognatore che non ha mai mollato” 
(Nelson Mandela).