Home / ANEDDOTI  / “SPORT, MA NON SOLO”: INTERVISTA A 360° CON MARCO COLOMBO, MEDIA PROFESSIONAL (PRIMA PARTE)

“SPORT, MA NON SOLO”: INTERVISTA A 360° CON MARCO COLOMBO, MEDIA PROFESSIONAL (PRIMA PARTE)

Dopo il successo riscosso da “Il calcio dietro le quinte”, parte da oggi il nostro ciclo di interviste a personaggi influenti aventi un’attinenza con lo sport, ma non solo. Abbiamo avuto il piacere e l’onore di ospitare Marco Colombo, Media Professional a tutto tondo, nonché ex Broadcast Journalist e Political Analyst per BBC e London School of Economics and Political Science, oltre ad essere stato CEO e Founder della Made in Italy App. In virtù dell’elevata mole di domande che abbiamo sottoposto al nostro interlocutore, che garbatamente ci ha risposto con dovizia di particolari, divideremo la nostra chiacchierata in due puntate. Questo è il primo estratto della nostra conversazione telefonica, mentre nella prossima puntata vi proporremo, invece, altre sue risposte a domande concernenti solo e soltanto lo sport.

Sei uno dei pochi giornalisti italiani ad aver lavorato alla BBC: come sei riuscito a centrare questa impresa?

“La BBC ha avuto in Arrigo Levi un importante esponente del giornalismo italiano attraverso la trasmissione ‘Radio Londra’. Ho avuto il piacere e l’onore di essere stato instradato in questo percorso da Giancarlo Ciccone, mio mentore e capo della BBC italiana per diversi anni, attualmente corrispondente da Londra per RSI. Durante la collaborazione per la BBC, ho avuto il piacere di collaborare anche con Barbara Serra, una brava professionista che attualmente lavora ad Al Jazeera. E’ stata un’esperienza magnifica, durata dal 1999 al 2014. Ho conosciuto persone importanti che ancora oggi hanno stima di me. Ti faccio un esempio: quando è stato ucciso recentemente il terrorista a Sesto San Giovanni, sono stato contattato per organizzare una trasmissione straordinaria, chiamando tre colleghi ad essere ospiti in studio per la diretta. E’ stata una bella soddisfazione”.

Quali sono stati i più grandi progetti ai quali hai lavorato nella tua esperienza lì?

“Quando ho iniziato il praticantato, mi sono cimentato nel notiziario radiofonico internazionale nel quale per tre ore si è in contatto con tutto il mondo. Durante quell’esperienza ho avuto modo di intervistare Romano Prodi, il vice primo ministro giapponese dell’epoca, ho seguito la morte di Craxi. Successivamente ho effettuato diverse inchieste importanti, tra le quali una sulle ecomafie. Personalmente ritengo che il più importante progetto al quale ho lavorato sia stato il “The Berlusconi Show”, un documentario di oltre un’ora andato in onda in prima serata, avendo un seguito di oltre due milioni di telespettatori. Il lavoro da me prodotto si sarebbe dovuto chiamare ‘Fenomeno’. Peccato che in Italia tutto ciò non ebbe grande risalto, ma spesso e volentieri la censura per un giornalista è sintomo della capacità di lavorare bene”.

A chi ti sei ispirato nel muovere i tuoi primi passi in questo mondo e chi, invece, ora, fra i tuoi colleghi, italiani e non, guardi con particolare ammirazione?

“Mi sono ispirato a Santoro, lo seguo dal 1987. ‘Samarcanda”, “Rosso e nero”, “Moby Dick” hanno rappresentato pietre miliari del giornalismo italiano, per quanto mi riguarda. Sono onorato di avere fra i miei amici Stefano Bianchi, che lavora nel gruppo di Santoro da anni e sta attualmente curando un documentario sulla Ndrangheta. A breve dovrei  collaborare con la Cuffaro ed è sempre un piacere lavorare in equipe con colleghi preparati. Tra i giornalisti internazionali, ritengo che uno dei più bravi sia Jeremy Paxman, dal 1977 al 2014 volto di BBC Newsnight, che ha sublimato la sua professionalità nella celebre intervista che confezionò a Berlusconi, riuscendo finanche a metterlo in difficoltà con la domanda circa la frase irriguardosa pronunciata nei confronti della Merkel. In generale apprezzo il giornalismo impegnato e professionale: in BBC mi hanno insegnato come operare nel migliore dei modi da un punto di vista deontologico, verificando sempre più di una volta una notizia prima di metterla in onda. La BBC non darebbe la metà delle notizie che vengono diffuse dalle tv italiane. Con questo non voglio assolutamente idolatrarla a totem del giornalismo, anche alla luce dei tagli cospicui che ha ugualmente effettuato negli ultimi anni, però è un’azienda di grande rilevanza e che ha la capacità di rinnovarsi con iniziative editoriali sempre diverse. Tra i giornalisti emergenti, nutro particolare simpatia nei riguardi di Jeremy Wine di BBC Radio2”.

Com’è il tuo rapporto con i colleghi giornalisti corrispondenti da Londra?

“E’ un rapporto odio ed amore. Provo invidia per il lauto stipendio che percepiscono, amore per il loro stipendio e odio per quanto a volte non sappiano fare bene il loro mestiere. Spesso e volentieri finiscono per parlare di note di colore, quando, invece, non vengono trattati tanti temi importanti. Mi preme escludere dal calderone l’amico Fabio Cavalera, corrispondente del Corriere della Sera, abilissimo nel raccontare come pochi le dinamiche concernenti la faccenda Brexit”.

Quali consigli senti di dare a chi vuole intraprendere la carriera del giornalista?

“Iniziare dal basso e fare tanta gavetta, senza pensare di essere ‘arrivati’ quando si mette piede in una redazione. Bisogna vivere a pieno questa esperienza coi propri colleghi, combattendo lotte sindacali quando necessario e seguendo la propria passione. Personalmente ritengo che il giornalista bravo sia quello capace di specializzarsi in un determinato ambito: non credo ai giornalisti onniscienti. Per farti alcuni esempi, Gianni Mura è un grande esperto nel suo settore, così come lo sono i vari Massimo Franco, Aldo Cazzullo, Massimo Giannini e Antonio Polito nell’ambito dove sanno esprimere al meglio le loro potenzialità. Se si vuole intraprendere una carriera simile a quella del sottoscritto, bisogna essere anzitutto bilingue, poi essere animati da parecchia curiosità ed essere disposti a fare qualsiasi cosa pur di riuscire a sfondare, curando la realizzazione anche di progetti apparentemente difficili da portare a termine, come quando fui mandato negli USA per raccontare la campagna elettorale di Obama quando divenne presidente”.

Credi che un domani ci sarà un giornalista italiano che potrà succederti alla BBC?

“Ci sono circa venti professionisti attualmente impiegati presso la BBC tra manager e tecnici, ma nessun giornalista. Credo che dalle varie scuole di giornalismo disseminate un po’ dovunque emergeranno tanti bravi professionisti che sapranno dare lustro al nostro mestiere. Non solo la BBC costituisce un ottimo trampolino di lancio per chi intende fare giornalismo ad alti livelli, ma lo stesso discorso vale anche per Al Jazeera, CNN e France 24, altre illustri reti internazionali”.

corradobarbarisi@hotmail.it

Ingegnere elettronico di primo livello. Giornalista pubblicista dal 26 novembre 2015