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Aristoteles, Oronzo Canà e Longobarda. Intervista a Urs Althaus

“Per me ancora oggi in Italia, nonostante siano passati tantissimi anni, esiste una sola squadra ed è l’unica che porto nel cuore: La Longobarda. Sono stato un calciatore professionista per poco tempo (fino a 21 anni ndr), ma spesso mi capita ancora oggi di giocare a calcio spinto dall’enorme passione per questo sport. Tra le scene più importanti del film ricordo quella in cui mister Canà mi cantava una melodia per farmi addormentare: tengo a precisare che il tema del razzismo in questo film è stato affrontato appositamente in maniera molto cauta. La mia emarginazione non avveniva per via del mio colore della pelle, ma perché faticavo ad adattarmi allo stile di vita dell’Italia e quindi nessun compagno di squadra voleva condividere con me la propria camera”.

Con queste parole, ad intervenire ai nostri microfoni, è l’attore e fotomodello svizzero Urs Althaus (meglio conosciuto come Aristoteles). Visibilmente emozionato, ci ha raccontato in una intervista web alcuni simpatici aneddoti dello storico film “L’allenatore nel pallone” del 1984.

Le tecniche di registrazione delle scene e il cast sono stati molto curati da Sergio Martino: “Abbiamo avuto poco tempo per girare le scene, la mi indole di calciatore mi imponeva di non fingere le giocate e ho voluto a tutti i costi essere ripreso mentre correvo e tiravo. Sono stato scelto per recitare in questo film in maniera un po’ curiosa: sono stato convocato per discutere della mia candidatura nell’ufficio del regista a Roma e alla domanda sulla mia reale identità di calciatore professionista ho risposto con due palleggi improvvisati nello studio stesso di Sergio Martino”.

Sul personaggio da lui interpretato: “Il mio idolo da giovane era Pelè, grande campione che in un momento di transizione per il movimento calcistico brasiliano ha fatto vedere al mondo intero grande classe ed eleganza. Una volta sono persino riuscito ad incontrarlo a New York e mi sono sentito molto a disagio dalla sua presenza. È stato molto emozionante scambiare qualche parola con lui ma, nonostante abbia conosciuto tante persone famose, nessuno mai mi ha fatto lo stesso effetto che mi ha fatto lui.

Ritengo il calcio uno degli sport più belli in assoluto, ma non sono amante del tatticismo estremo e della previsione: Aristoteles è un personaggio istintivo e di grande fantasia, capace di saltare abilmente l’uomo e dotato di grande corsa”.

Sull’organizzazione delle esultanze durante il film: “L’idea delle esultanze è stata di Sergio Martino, che ha lavorato al copione insieme a Lino Banfi. Un esempio di “happiness” è il gol segnato all’Atalanta: nel mio dribbling vincente ci sta tutta la grinta del calciatore che entra dalla panchina per dimostrare qualità e grinta. Queste scene sono state molto importanti per vivere il mio sogno al cinema, mi sono sentito a tutti gli effetti un calciatore di Serie A. Questo film è stato molto importante sia per la mia vita privata e sia per la sfera professionale”.

Sulla pubblicazione del suo libro: “Ad agosto uscirà anche in Italia, in Svizzera è stato un best seller. Si intitola “Io, Aristoteles, il negro svizzero. La mia vita attraverso successi e fallimenti”, e ha il pregio di essere molto trasparente: racconta dei momenti belli allo stesso modo di quelli brutti. Ricordo con molta emozione il momento in cui la casa editrice mi ha fatto presente che a fare la prefazione sarebbe stato Ciccio Graziani, un campione straordinario”.

Matteo Esposito, per concludere l’intervista, ha mostrato all’attore svizzero un video nel quale il presidente della Longobarda Salerno imitava la scena del film in cui si scoprivano le vere intenzioni della squadra di Canà: “Mi rende orgoglioso vedere un presidente che ha chiamato la propria squadra come quella per cui giocavo nel film. Se dovesse servire un attaccante sono disponibile (ride ndr)”.

testo di Giuseppe Mautone

 

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alfonso.pierro@libero.it

“A volte un vincitore è semplicemente un sognatore che non ha mai mollato” 
(Nelson Mandela).