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Calcio, più business che passione: Inghilterra docet!

Inutile prenderci in giro: il calcio è ormai divenuto un business. La tendenza risulta ormai consolidata negli anni ed ogni club a livello mondiale ceca di trarre il maggior profitto dalla promozione del suo brand. Per quanto concerne i risultati sportivi in campo internazionale, l’Italia non sta riscuotendo grandi successi, fatta eccezione per la Juventus, ultimo baluardo nostrano contro le superpotenze europee e capace di arrivare in finale di Champions League due volte negli ultimi tre anni. Non è un caso che i bianconeri siano appena al di fuori della top ten in una recente classifica stilata dal Brand Finance, nella quale spiccano le prime posizioni di Manchester United, Real Madrid e Barcellona, capaci di avere il migliore indice per valore (capacità di produrre fatturato) e rating (bontà della gestione). Impressionante come in generale il calcio inglese rappresenti un’isola felice per quanto concerne il calcio: merchandising che funziona a gonfie vele, diritti televisivi fiorenti, stadi sempre pieni, grande spettacolo in ogni gara e Londra capace di concentrare le migliori società della Premier League.

Proprio a tal proposito, mi capitò tre anni fa di vivere un’esperienza personale molto formativa: uno stage giornalistico semilavorativo presso un magazine online londinese denominato “L’Italoeuropeo”. Durante quelle settimane, fui artefice di una inchiesta atta ad evidenziare il fatto che il Chelsea fosse, in quel preciso frangente temporale, il club londinese primo per ricavi dovuti al merchandising, rimarcando la differenza abissale tra gli introiti dei club inglesi e quelli italiani (il rapporto è praticamente 1:10). In Inghilterra, nazione nella quale il calcio è nato, tutti i club riescono ad avere una marcia in più rispetto agli altri. Nella fattispecie, il Chelsea, quest’anno scavalcato nella classifica dei ricavi dall’Arsenal per poco, riesce annualmente a vendere circa un milione di t-shirt di calciatori! Domandai ai dipendenti dei Blues quale fosse il segreto di questi numeri strabilianti e loro non esitarono a dirmi che il merito era da ascrivere non soltanto alla presenza di giocatori di un certo calibro in rosa, ma anche alla partnership con importanti sponsor tecnici.

A riprova del fatto che in Inghilterra non mancano iniziative incentrate sulla volontà di fidelizzare ulteriormente i tifosi delle squadre, ci piace rimarcare come lo Stoke City abbia appena, ad esempio, annunciato che per il quinto anno di fila pagherà i bus ai propri tifosi affinché possano sostenerli anche nelle gare fuori casa, rendendo questa innovativa iniziativa di marketing da unicum statistico una solida realtà, che dura ormai da un lustro. La rinascita economica del calcio italiano passa attraverso, dunque, la necessità di strizzare l’occhio al modello inglese per attingerne le cose positive e reinterpretarle alla luce delle esigenze nostrane.

Fonte foto: Il calcio inglese (pagina FB)

corradobarbarisi@hotmail.it

Ingegnere elettronico di primo livello. Giornalista pubblicista dal 26 novembre 2015